Monte Arcosu, Oasi del WWF
Monte Arcosu, Oasi del WWF
di Ivan Murgana
La dove si udivano gli spari delle doppiette, oggi si può distinguere il bramito del cervo, tornato a popolare le splendide foreste di Monte Arcosu. Valli incontaminate, solcate da pendii a volte rocciosi ed altri ciottolosi, dove la macchia mediterranea, popolata da uno straordinario campionario di specie animali, crea un mix di colori da fare invidia alla tavolozza di un pittore.
L’Oasi del Wwf, che con i suoi 3600 ettari è la più estesa d’Italia, è sicuramente una tappa obbligata per i turisti amanti della natura. Non è difficile raggiungere l’oasi di Monte Arcosu: basta percorrere la strada consortile della zona industriale di Macchiareddu, da cui si svolta per la provinciale Capoterra–Santadi, imboccare il bivio per la riserva situato a 500 metri dopo la chiesa di Santa Lucia eretta nel territorio di Uta, e le porte di questo angolo di paradiso si spalancano ai visitatori.
Tante le specie animali che vivono tra le foreste di Monte Arcosu, dove grazie all’intervento del Wwf la comunità del cervo sardo che rischiava l’estinzione, è tornata ad essere numerosa. “Questa è di sicuro la foresta di macchia mediterranea più estesa del Mediterraneo – racconta Luca Pinna, responsabile regionale del Wwf – quando nel 1985 da riserva di caccia quest’area divenne un’oasi protetta, la popolazione del cervo sardo contava appena un centinaio di esemplari: oggi, che il loro numero è salito a mille, possiamo dire di aver salvato questa importante specie endemica”.
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Imperdibile lo spettacolo offerto dalle cascate sul Rio Guttureddu, molto attive grazie alle abbondanti piogge cadute nei mesi scorsi, e le escursioni guidate dal personale del Caprifoglio, la società di gestione dei servizi turistici e di educazione ambientale, che permettono ai visitatori di percorrere i sentieri di montagna più interessanti.
“I visitatori possono incontrare i cervi, osservare i daini ospitati nei recinti per favorirne la riproduzione e vedere come Wwf e Guardia forestale salvaguardano l’area dal bracconaggio dando un’occhiata agli “alberi della vergogna”, dove si trovano appesi i lacci recuperati nell’oasi – spiega Pinna – inoltre per capire come si faceva il formaggio un tempo, visitare gli ovili dei pastori: una visita che, chi decide di raggiungere l’oasi di Monte Arcosu, non potrà certo dimenticare”.
Maggiori informazioni:
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